Era il 1985 quando il grande Morandi cantava “uno su mille ce la fa”, slogan che molti giovani presero come un esplicito invito a non arrendersi di fronte alle difficoltà della vita. Ad oggi, stando agli ultimi studi, pubblicati su JAMA Pediatrics lo slogan sembra essersi drasticamente e pericolosamente invertito.
Un recentissimo studio ha infatti sottolineato che, ad oggi, un adolescente su” quattro ha i sintomi clinici di depressione e uno su cinque segni di un disturbo d’ansia.
Questi dati fanno luce sulla crisi mondiale della salute mentale, anche e soprattutto fra i giovanissimi: l’incidenza di depressione e ansia fra gli adolescenti è raddoppiata rispetto a prima della pandemia di Covid-19 e questo diffuso disagio mentale rischia di diventare un pericoloso fattore di rischio sulla salute futura dei ragazzi. È stato infatti dimostrato che la presenza di sintomi persistenti di depressione da giovanissimi si associa a una vita adulta più difficile, in cui è maggiore il rischio di ansia, abuso di sostanze e perfino condotte criminali, è più elevata la probabilità di avere problemi di salute e relazioni sociali complicate così come di non raggiungere gli obiettivi di studio e carriera.A pagare il prezzo più alto sono i ragazzi della scuola secondaria superiore, che mentre si apprestano a vivere la delicatissima fase delle nuove esperienze, della scoperta di sé, dei primi veri traguardi e delle prime relazioni, si ritrovano a fare delle esperienze assimilabili a un lutto, che, come tale può essere un fattore scatenante di ansia e depressione. Molti ragazzi possono sviluppare sintomi di disagio mentale che poi si risolvono, ma tanti stanno mostrando di non riuscire a uscirne: per loro la pandemia è stata ed è una sorta di ‘catalizzatore’, un evento che li ha portati su una traiettoria di malessere. Senza contare coloro che erano già fragili prima del periodo del Covid, per i quali la pandemia è stata ed è ancora più difficile da affrontare, rappresentando un potente fattore “amplificatore”.
Matteo Balestrieri, co-presidente della Società Italiana di Neuro Psicofarmacologia e professore ordinario di Psichiatria all’Università di Udine, sostiene che il primo passo è una corretta diagnosi, occorre quindi impostare una terapia che spesso prevede in primis un percorso psicoterapeutico, ma che deve prevedere l’utilizzo di farmaci nei casi in cui ciò sia opportuno. I farmaci possono e devono essere somministrati a un adolescente se è opportuno, ma occorre sempre che ci sia un attento monitoraggio ed è indispensabile sostenere il giovane paziente in un percorso di cura che tenga conto della sua particolare situazione emotiva e cognitiva.
Perché proprio in Adolescenza ?
L’adolescenza è una fase evolutiva di transizione dall’età infantile a quella adulta, fondamentale per lo sviluppo dell’identità. Caratterizzata da rilevanti cambiamenti fisici, emotivi e psicologici, accoglie movimenti di scoperta di sé ed esplorazione del mondo che sono tipicamente associati a vissuti di incertezza e instabilità. L’attuale emergenza sanitaria implica un contesto fisico, sociale e culturale che rende ancor più complesso fronteggiare questo delicato momento evolutivo. Tale maggiore complessità riguarda sia il vissuto degli adolescenti, sia il vissuto di coloro che degli adolescenti devono prendersi cura.
La chiusura del primo lockdown, seguita dalla seconda ondata a solo sei mesi di distanza e, in generale, il clima di pandemia, si sono tradotti in una condizione di forte stress per adolescenti.
Il Professor Stefano Vicari, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ha rilevato come vi sia stato un netto aumento anche dei disturbi del sonno così come situazioni di forte chiusura degli adolescenti, fino alla comparsa di quadri di ansia e di depressione, con aumento di atti autolesionistici e rischio di suicidio.
Possiamo riscontrare una differenza marcata tra il primo e il secondo lockdown. Nel primo caso si è associata una maggiore disponibilità a vivere le norme restrittive. I ragazzi, in molti casi, hanno vissuto la chiusura delle scuole come un’anticipazione delle vacanze e poi, dato ancora più importante, in quel periodo i genitori erano nella maggior parte dei casi presenti in casa. Questo ha avuto una funzione, in alcuni casi, anche di protezione. Nella seconda ondata, invece, la chiusura delle scuole, almeno per la secondaria di secondo grado, ha coinciso con l’assenza dei genitori, che nella maggior parte dei casi avevano ripreso la propria attività lavorativa, o erano chiusi in qualche stanza di casa a destreggiarsi con lo smart-working. Questo probabilmente ha ridotto gli strumenti di difesa dei ragazzi, in qualche modo si sono sentiti più soli.
Negli adolescenti e preadolescenti, che vivono un’età in cui l’inclusione e l’accettazione nel gruppo di pari è mèta essenziale da raggiungere, la chiusura forzata e l’isolamento può aggravare quel senso di solitudine piuttosto frequente in fase dello sviluppo.
L’aumento della propensione all’isolamento, il rinchiudersi in camera costretti dai contagi o per paura di contagiare, il passare magari ore su internet, la mancanza di contatti fisici con i pari potrebbe esitare in un fattore di rischio sia per eventuali conflitti in famiglia che, soprattutto per il benessere dei ragazzi.
Questa situazione sta impedendo la piena interazione e la comunicazione degli studenti con i compagni di scuola, il gioco, gli esercizi e le attività tra pari, che sono vitali per la crescita, l’apprendimento e lo sviluppo delle giovani menti. La fisicità della scuola è venuta meno e con essa ecco sparire un contenitore fondamentale che aiuta a mantenere la “rotta”. Orari, verifiche puntuali, una routine di regole. Questa situazione amplifica una delle sfide più difficili ma anche più importanti che la scuola ha: rendere autonomi, consapevoli e protagonisti assoluti della propria maturazione di conoscenze i ragazzi.
Sarebbe infatti necessario, soprattutto in questo momento, che possano essere motivati e coinvolti, incrementando anche la cooperazione fra compagni, seppur a distanza, e la possibilità di assumere una posizione attiva, supportando anche gli insegnanti in questo compito davvero arduo.
Quali sono i segnali e gli aspetti degli adolescenti da tenere in considerazione, da monitorare che possono aiutare a cogliere dei segnali di disagio?
Aggressività e irritabilità: un campanello di allarme rispetto alla presenza di un disagio può essere un insolito aumento di suscettibilità ed irascibilità. Facilmente i genitori si sentono oggetti di odio dai propri figli, ma in realtà la famiglia è uno dei luoghi privilegiati in cui l’adolescente mostra il suo disagio senza filtri. Non bisogna leggere le sue reazioni come un attacco personale, ma come un possibile indicatore di malessere, a cui si dovrebbe prestare attenzione.
Regressione: altre reazioni che possono verificarsi, del tutto contrarie alle precedenti, sono invece gli atteggiamenti infantili e regressivi. L’adolescente può avanzare delle richieste insolite di accudimento e vicinanza, chiedendo ai genitori aiuto e comportandosi “come se fosse un bambino”. Potrebbero presentarsi improvvisi momenti di pianto inconsolabile ed apparentemente immotivato, oppure si può assistere ad una continua oscillazione di umore tra alti e bassi.
Disagio, anche a livello corporeo: un’altra importante manifestazione di disagio avviene attraverso il corpo, che si fa veicolo di messaggi importanti. Può esserci un’elevata tendenza alla somatizzazione, che può tradursi in difficoltà a dormire o a riposare adeguatamente, in variazioni drastiche di appetito (dal digiuno prolungato alle abbuffate), nell‘incapacità a concentrarsi, nella presenza di frequenti mal di testa o dolori corporei, disturbi gastrointestinali. È importante osservare anche il modo con cui gli adolescenti si prendono cura di sé e del loro modo di vestire.
Cosa si può fare di fronte al malessere che percepiamo dagli adolescenti?
Per i genitori è sempre essenziale ed estremamente importante cercare di sintonizzarsi il più possibile con i bisogni e i vissuti dei figli, cercando quanto più di non giudicare agiti o atteggiamenti ma di porsi sempre in un ottica esplorativa.
Offrire presenza, sostegno e protezione, ma alla giusta distanza: sicuramente il genitore ha il compito di proteggere il figlio, monitorarlo, rassicurarlo, sostenerlo, senza trattarlo come un bambino. Per i genitori, diventa così importante imparare a tollerare dei confini e una distanza sufficiente che possa permettere al figlio di sentirsi sufficientemente libero. Per quanto possibile, diventa importante poter garantire ai propri figli degli spazi privati di esplorazione, rispettandone i confini sia in termini di tempo, che di spazio fisico.
Mantenere una stabilità “flessibile”: le regole potranno essere rinegoziate e può essere utile sperimentare insieme la contrattazione di qualcuna di queste, magari assumendosi compiti reciproci precisi. Tenendo a mente l’importanza del rinforzo positivo, da un lato tutti gli adolescenti sperimentano la trasgressione e devono provarsi anche al limite del lecito, tutti hanno violato norme e regole, fa parte del percorso di crescita. Ora è molto ridotta la possibilità di violare delle “norme normali”, tutto è esasperato. Occorre ad ogni modo che modulino questa necessità di trasgredire, senza passare all’eccesso opposto.
Accogliere e riconoscere l’adolescente nelle sue difficoltà: se l’adolescente si chiude in sé stesso, nascondendo i suoi vissuti e problemi. Sarebbe meglio non minimizzare ciò che prova, ma piuttosto dargli un senso ed “arginare” la portata emotiva, senza però negarla. Tenendo a mente che è normale che l’adolescente sperimenti emozioni forti e che fatichi a tenerle sotto controllo. È importante provare a “mettersi nei suoi panni”, comprendere il suo punto di vista, indossando in alcune situazioni le lenti con cui egli guarda il mondo.
Il dialogo è può essere uno strumento importante per il benessere dell’adolescente, che se si sente accolto, riconosciuto e contenuto, potrà usare il genitore come modello e base sicura per affrontare il mondo, anche chiedendo aiuto.