La personalità in quarantena di Emma de Luca

Una personalità sana possiede, tra le altre cose, una capacità automatica di riuscire a sentirsi integri e coerenti nonostante i molteplici ruoli che assumiamo e le molteplici esperienze e modalità di entrare in contatto con l’altro che possediamo.

Siamo capaci di essere dei genitori attenti, dei lavoratori appassionati, dei partner complici, degli amici affidabili e dei figli obbedienti, scocciati o premurosi senza necessariamente sentire una forte contraddizione tra questi diversi ruoli, tra queste diverse realtà.

Questa mancanza di contraddizione non solo dipende dalla nostra capacità di far coincidere in una narrativa coerente queste molteplici esperienze di Sé, ma è anche facilitata, il più delle volte, da alcuni elementi spaziali e temporali.

Alcuni contesti si incrociano chiaramente altri si confondono notevolmente come quando diventiamo amici dei nostri colleghi, ma sarà senz’altro difficile, da adulti, condividere la stessa camera da letto con i nostri genitori, o trovarsi a giocare con i propri figli a lavoro o durante un aperitivo con gli amici. Sappiamo per lo più che in una giornata tipica ci alzeremo e avremo un po’ di tempo per noi o per i nostri affetti più cari, il tempo di un pigiama stropicciato, degli occhi ancora socchiusi per il sonno. La giornata prende però piede e dopo aver bevuto il caffè ed esserci fatti la doccia indossiamo letteralmente i panni del nostro lavoro; insieme a vestiti più professionali del pigiama entriamo noi stessi nel ruolo mentre ci avviamo verso il lavoro. Nel tragitto da casa a lavoro, che può essere molto breve o più lungo, cerchiamo di riflettere su quello che ci attende, sui problemi che abbiamo lasciato insoluti il giorno prima, assumiamo uno sguardo e una postura più professionali e a poco a poco ci sentiamo pronti. Diventiamo terapeuti, insegnanti, panettieri, falegnami, non smettiamo di essere quello che eravamo prima ma lo mettiamo un attimo da parte per focalizzarci su un altro obiettivo. E lo stesso la sera, quando torniamo a casa o decidiamo di andare a cena o al cinema con un amico/a ci mettiamo panni ancora nuovi, spigliati e spensierati se abbiamo voglia di svagarci, riflessivi e attenti se abbiamo bisogno di un momento di intimità maggiore. Ogni panno non sostituisce quello precedente ma lo mette per un momento da parte attraverso dei piccoli rituali, uscire di casa, uscire da lavoro, vestirsi per lavorare, vestirsi per uscire. Siamo in grado di mantenere una coerenza tra questi diversi ruoli e stati senza però che si confondano tra loro.

Ma cosa succede in questo periodo di quarantena, dove l’essere partner, genitore, figlio, amico, lavoratore avviene tutto nello stesso spazio, tutto in maniera veloce e senza che vi sia un passaggio tra una dimensione e l’altra. Ci troviamo in pigiama a bere il caffè e un secondo dopo in video conferenza con i nostri colleghi, magari con ancora i pantaloni del pigiama, perché tanto non si vedono. Può capitare allora di sentirsi angosciati, un bluff perché non sentiamo ad esempio che la donna che fino a un secondo fa era in pigiama con gli occhi socchiusi possa assumere un ruolo di responsabilità, o magari ingabbiati perché quella che era la nostra casa, dove tornare dopo il lavoro in una situazione di intimità e sicurezza diviene invece uno spazio comune, accessibile a tutti. O ancora di non sentire di avere uno spazio privato, solo per sé, dal quale restino fuori, anche solo per un momento, partner, figli, colleghi.

Alcuni di noi hanno poi più difficoltà di altri, chi infatti da sempre fa fatica a mettere dei limiti alle richieste degli altri, a dire di no quando sente che i propri bisogni sono schiacciati, può trovarsi in questo momento spiazzato, sempre disponibile per figli, partner, colleghi. Può essere utile, allora, ricordarsi che abbiamo bisogno di alcuni confini, che quando stiamo lavorando siamo momentaneamente inaccessibili per i nostri figli a meno che non ci siano delle emergenze, che dopo cena, quando si è stati tutti insieme possiamo concederci un momento da soli con il nostro partner o anche una mezzora in solitudine o al telefono con un amico e che in quel momento, anche solo per un attimo, proprio come quando uscivamo per un aperitivo, mettiamo da parte i panni del genitore e ci mettiamo quello dell’amico/a.

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